Una pialassa è una zona acquitrinosa, salmastra. Insomma, una palude. Deprecate per millenni, prosciugate e bonificate, adesso ci accorgiamo che sono un anello vitale della biosfera. Quel poco che resta delle nostre paludi è spesso protetto: è il caso della Pialassa dei Piomboni.

Sono zone di confine, le paludi, di transizione tra terra, fiume e mare, ma la Pialassa dei Piomboni confina anche col porto di Ravenna.

La battaglia delle associazioni

Ravenna, uccello sporco di idrocarburi, intrappolato tra le panne

E proprio vicino questo confine si è consumato un disastro che dopo anni di allarmi (e dopo questa istanza del 4 marzo 2021 corredata da foto piuttosto esplicite; ne pubblichiamo qui solo una selezione) ha portato a un procedimento penale per il reato di inquinamento ambientale, cui sono state ammesse come parti civili le associazioni ANPANA, Italia Nostra, Legambiente, Nogez, OIPA e WWF.

La Berkan B e lo sversamento di petrolio in acqua

Ravenna, Berkan B

Comincia tutto con le operazioni di demolizione della motonave Berkan B, presso una banchina del porto di Ravenna lungo il Canale dei Piomboni. La storia di questa nave è lunga: la trovate ben riassunta in questo articolo che però si conclude con un auspicio non realizzato: come vedete, della Berkan B siamo costretti a parlare ancora. Ad esempio, perché le operazioni di smantellamento sono state avviate senza bonificare il relitto che contiene amianto, bombole di gas, idrocarburi vari e soprattutto un quantitativo (ignoto, ma che poteva superare i quattrocento metri cubi) di combustibile pesante (fuel oil).

Durante lo smantellamento la nave si spezza, sversando in mare evidenti chiazze di idrocarburi.

Ravenna – Collasso della nave Berkan B

Le associazioni denunciano che le “panne”, ovvero le barriere che dovrebbero trattenere l’inquinamento, in realtà non sono a tenuta (e comunque sarebbero state posizionate in ritardo), oltre al fatto che nei pressi del relitto sono stati rilevati livelli di idrocarburi quasi 90 volte superiori a quelli di riferimento. La Berkan B continua a fare scalpore e in troppi vanno a vedere quel che succede: piuttosto che accelerare la bonifica si preferisce transennare l’area.

Vittime animali

Ravenna – Avifauna sporca di idrocarburi

Le associazioni insistono e continuano a documentare scie oleose e iridescenti, uccelli lordi di catrame e, talvolta, morti in pozze di acque nerastre. Facile immaginare che quel che si vede in superficie si ripeta sui fondali. E cosa può succedere dopo aver mangiato vongole pescate di frodo nel Canale dei Piomboni? Molti di questi farabutti sono stati bloccati: quanti l’hanno fatta franca?

Ravenna – Sequestro di attrezzi per pesca di frodo delle vongole nel cimitero delle navi

Le associazioni parlano di “inerzia” degli Enti preposti: bisognava trasferire d’urgenza la Berkan B in un bacino di carenaggio quando era ancora galleggiante (fino a qualche mese fa) e invece è stato fatto un bando ordinario, aggiudicato nel 2019 e mai diventato operativo… fino a pochi giorni fa: finalmente, pare, si stanno avviando i lavori di recupero.

Ma c’è del metodo in questo disastro. Le associazioni ricordano infatti che «a poche decine di metri dal Berkan B si sviluppa il cosiddetto “cimitero delle navi”, che consta di 3 cargo da circa 100 metri di lunghezza abbandonati da oltre 10 anni e di altri due natanti (una chiatta e forse un pontone, completamente sommerso), presenti, pare, da una trentina di anni». Un cimitero di navi, di fatto una discarica “marittima” a pochi metri da una zona tutelata. Per questo cimitero, non c’è nessun piano di bonifica noto.

E se domani qualcuno proponesse, considerando l’alone di contaminazione attorno al “cimitero”, di allargare il porto un altro po’? A Livorno, il rigassificatore OLT fu “piazzato” in mare proprio dove, qualche anno prima, erano stati rilasciati i fanghi del dragaggio del porto: tanto, ormai…

E questo, non lo accettiamo. Non abbiamo il destino segnato e ringraziamo le associazioni che si stanno battendo – a Ravenna come altrove – contro la logica del “tanto, ormai”. Perché questo è l’unico Pianeta che abbiamo.

Basta investire su petrolio, gas e carbone!

Alluvioni, incendi, siccità: mentre la vita sul Pianeta è sconvolta da eventi estremi causati dai cambiamenti climatici, i principali istituti finanziari, di credito e assicurativi continuano a investire nel settore dei combustibili fossili e a finanziare chi inquina, gettando benzina sul fuoco della crisi climatica. Se vogliamo limitare le conseguenze dei cambiamenti climatici e salvare 1 milione di specie a rischio dobbiamo ascoltare la scienza e tagliare subito i finanziamenti all’espansione di gas, petrolio e carbone. Chiedi alle banche e alle compagnie di fare la loro parte nella lotta all’emergenza climatica: basta finanziamenti che distruggono il Pianeta!

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