Dopo il nostro esposto del 2020 e le indagini della Guardia di Finanza sul caso delle 56 balle di plastica disperse al largo di Piombino, nel Santuario dei Cetacei, la Corte dei conti ha condannato l’ex dirigente del settore bonifiche e autorizzazioni rifiuti della Regione Toscana, Andrea Rafanelli, a risarcire con 300mila euro la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il dirigente è stato ritenuto colpevole sia della mancata escussione (cioè attivazione) della fidejussione di quasi tre milioni di euro, che potevano essere usati per coprire i costi delle operazioni di recupero dei rifiuti dispersi, sia della restituzione della stessa. Una buona notizia per la giustizia ambientale.
Come erano finite le balle in mare
Il caso risale alla notte tra il 23 e il 24 luglio 2015, quando una nave cargo salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire. A causa di un’avaria, un’ora dopo la partenza il Comandante dà ordine di sversare in mare parte del carico, pari a 56 balle. È così che 65 tonnellate di plastica finiscono nelle acque protette del Santuario dei Cetacei. L’incidente resta sconosciuto fino al 31 luglio, quando una balla finisce accidentalmente nelle reti di un peschereccio nel Golfo di Follonica.
Da qui parte l’inammissibile catena di omissioni, mancanze e negligenze delle istituzioni preposte che, invece di intervenire, si rimpallano ruoli e responsabilità che hanno lasciato per cinque anni il mare e le sue creature in balia di tonnellate di plastica, come avevamo ricostruito nella nostra indagine.
Per accertare le responsabilità dell’accaduto, nel 2020 abbiamo presentato un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano la fidejussione di quasi tre milioni di euro, poi inspiegabilmente restituiti, a garanzia dei possibili danni, anche ambientali, causati dalle operazioni di trasporto e che potevano essere usati per recuperare il carico disperso.
Cosa è stato fatto finora
Fino ad oggi, soltanto 32 ecoballe sono state recuperate, mentre le altre 24 sono ancora disperse nei fondali dell’area protetta, non si sa in quale forma. Le operazioni di parziale recupero, effettuate fra il 2 agosto ed il 2 dicembre 2020, sono costate 3 milioni e 386mila euro. La somma è stata pagata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, cioè da fondi pubblici. La Corte dei Conti ha condannato il dirigente regionale a risarcire una quota pari al valore della fidejussione di cui era competente, mentre ha accertato le responsabilità della Provincia di Grosseto e del ministero dell’Ambiente, che non sono intervenuti concretamente per risolvere il problema.
D’altra parte la sentenza della Corte dei conti dipinge un quadro piuttosto sconcertante riguardo il contesto in cui si è trovato a operare il condannato «un contesto caratterizzato da una diffusa inerzia da parte degli altri soggetti che, anche prima di lui, si sono occupati della vicenda, i quali hanno omesso qualunque azione volta non solo all’incasso della polizza, ma anche all’immediato recupero dei rifiuti sversati in mare a spese dei soggetti ritenuti responsabili»
Come evitare a monte disastri come questo
La sovrapproduzione di plastica crea inquinamento lungo tutte le fasi della filiera, dalla produzione allo smaltimento. I rifiuti in plastica che esportiamo all’estero, inoltre, alimentano spesso traffici di rifiuti illegali e disastri ambientali, come abbiamo denunciato con le nostre inchieste in Turchia e Malesia. Proprio in questi giorni i leader mondiali stanno discutendo a Busan in Corea del Sud un possibile accordo internazionale per affrontare la crisi dell’inquinamento da plastica e i suoi impatti ambientali. Il pianeta ha bisogno di un trattato ambizioso e legalmente vincolante in grado di ridurre drasticamente la produzione di plastica, soprattutto usa e getta, e promuovere una transizione verso un’economia basata sul riuso.
Le indagini indipendenti servono!
Dobbiamo continuare a fare luce su vicende come questa, emersa principalmente grazie alle nostre denunce. Nonostante i gravi impatti sull’ecosistema marino, sulla salute pubblica e sulle nostre tasche, le amministrazioni pubbliche inerti restano a guardare. Vogliamo che i responsabile dei disastri ambientali non restino impuniti.
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