Lo scorso luglio siamo andati in Malesia per verificare cosa accade in prossimità di aziende illegali – partner di aziende italiane – che si occupano dello smaltimento di rifiuti plastici provenienti anche dal nostro Paese.

Il quadro cui ci siamo trovati di fronte lascia poco spazio alla immaginazione: fabbriche prive di licenza bruciano rifiuti plastici provocando colonne di fumo altamente inquinanti responsabili non solo di impatti ambientali devastanti ma anche di inevitabili conseguenze per la salute delle comunità locali.

Questo accade perché, come emerso dal report “Le rotte globali, e italiane, dei rifiuti in plastica” – da noi pubblicato lo scorso aprile – la Cina ha bloccato, nel gennaio 2018, le importazioni globali di rifiuti plastici, lasciando così l’Italia, così come tanti altri Paesi occidentali, sommersa da ingenti quantitativi di rifiuti plastici misti di difficile recupero e riciclo che hanno poi raggiunto altre destinazioni.

A seguito del bando cinese, la Malesia è infatti diventata in pochi mesi il primo importatore di rifiuti in plastica globali e la principale destinazione delle esportazioni  dei rifiuti in plastica italiani fuori dall’Europa. Nonostante i ripetuti interventi del governo malese – che solo nel 2019 ha chiuso 155 aziende per violazioni sulle norme statali sulla qualità ambientale – le importazioni di plastica italiana continuano ancora oggi.

Quel che abbiamo trovato in Malesia è molto allarmante: i cittadini malesi che abbiamo incontrato, infatti, ci hanno chiesto di intervenire per impedire che il loro Paese venga irrimediabilmente inquinato e che le loro vite, in questo modo, vengano messe a rischio. La situazione è pertanto inaccettabile e conferma, ancora una volta, che le nuove destinazioni dei rifiuti in plastica, inclusi quelli italiani, non sono in grado di trattare in modo appropriato questi materiali. È chiaro che non riusciremo mai a riciclare correttamente tutta la plastica che continuiamo a utilizzare: il primo passo è eliminare al più presto la plastica monouso spesso inutile e superflua. Per evitare che esportazioni di materiali così problematici continuino, chiediamo al ministro dell’Ambiente Sergio Costa e agli altri ministeri competenti di intensificare i controlli sulle spedizioni in uscita dal nostro Paese e applicare concretamente le normative comunitarie vigenti.

Più mare, meno plastica!

Il mare non è una discarica: chiedi alle aziende di abbandonare l’usa e getta.

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