Cars on Neckartor Street in Stuttgart. Protective masks on a bridge as symbol for air pollution.

Ci sono diverse città italiane in testa alla classifica sulle morti premature legate all’inquinamento atmosferico, pubblicata proprio di recente su The Lancet Planetary Health e relativa a più di mille città europee. 

Lo studio fa riferimento al numero di morti premature attribuibili all’inquinamento atmosferico che si sarebbero potute evitare, rispetto ai due principali inquinanti presi in esame, il particolato sottile (PM2.5) e il biossido di azoto (NO2), sulla base della popolazione e del tasso di mortalità di ogni città.

Le due città in testa alla classifica di morti premature legate all’inquinamento da PM2.5 sono Brescia e Bergamo, ma tra le prime dieci troviamo anche Vicenza e Saronno, mentre le città italiane in cui l’inquinamento da NO2 colpisce di più sono Torino (al terzo posto) e Milano (al quinto). 

Nelle città europee 51.900 di queste morti potrebbero essere evitate ogni anno, se solo il livello dei due inquinanti presi in considerazione per stilare questo ranking fosse mantenuto al di sotto delle soglie raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In Italia, rispettando gli standard dell’OMS, si potrebbero evitare ogni anno oltre 13 mila morti premature.

Ma quali sono le principali fonti di particolato sottile (PM2.5) e biossido di azoto (NO2)?

Particolato sottile e allevamenti intensivi

Un recente studio che abbiamo realizzato in collaborazione con ISPRA, evidenzia che in Italia riscaldamento e allevamenti intensivi sono responsabili in totale del 54% del PM2.5. In particolare, il contributo degli allevamenti è strettamente legato al gran numero di animali allevati e ha continuato a crescere, passando dal 7% del 1990 al 17% nel 2018. Un contributo ancora più rilevante nelle zone ad alta concentrazione di allevamenti intensivi, come il bacino padano, dove si trovano le due città italiane ai primi posti di questa classifica e dove anche la mortalità da Covid-19 è stata particolarmente alta. Come ipotizzato dalla comunità scientifica, infatti, l’esposizione costante alle polveri sottili potrebbe rendere le persone più vulnerabili al virus.

È evidente che il nostro modello di produzione e consumo eccessivo di prodotti animali rappresenti un costo insostenibile per l’ambiente e per la salute. Davanti a questi numeri è necessario che le istituzioni si decidano a usare i fondi messi a disposizione dalla Politica Agricola Comune e dal Recovery Plan per avviare una riduzione della produzione e consumo di carne e una riconversione ecologica del settore.

Biossido di azoto e trasporti

Il biossido di azoto viene largamente prodotto dal settore dei trasporti che, oltre all’impatto sulla qualità dell’aria, è anche responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra in Italia. Per mettere davvero fine alla crisi dell’inquinamento atmosferico e insieme all’emergenza climatica, dobbiamo intervenire subito per cambiare il settore dei trasporti, puntando sull’abbandono dei combustibili fossili e sulla mobilità sostenibile, elettrica e condivisa, a partire dalle città.

La mobilità urbana è stata ampiamente trascurata nella bozza del Recovery Plan trasmessa al Parlamento, per questo chiediamo al governo di rivedere le proposte e le cifre allocate per garantire una mobilità sostenibile, davvero accessibile per tutta la cittadinanza.