Tour “Difendiamo il mare” di Greenpeace nel Tirreno / luglio 2020

Scampi alla griglia in plastica, zuppa di scorfano alla plastica, acciughe e sgombri al forno con plastica: dai risultati della nostra ricerca sulla presenza di microplastiche nei pesci, questo sembra essere il menù degli italiani questa estate.

Insieme all’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) e l’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova, abbiamo esaminato oltre 300 organismi rappresentativi di diverse specie di pesci e invertebrati consumati abitualmente sulle nostre tavole come cozze, scampi, scorfani, acciughe e sgombri.

I risultati di questo studio, che diffondiamo oggi, confermano la presenza di microplastiche in queste specie marine che consumiamo quotidianamente e sottolineano la rilevanza di questa contaminazione per l’ambiente e la nostra salute. La plastica non ce la mangiamo, perché si concentra nell’intestino e il pesce abitualmente lo consumiamo eviscerato, ma l’allarme rimane e non va in alcun modo sottovalutato!

Cosa emerge dalla nostra ricerca

Dallo studio condotto con i ricercatori dell’UNIVPM e CNR-IAS di Genova è emerso che il 35 per cento dei pesci e degli invertebrati raccolti nel Mar Tirreno centrale, durante il tour “MAY DAY SOS Plastica” che abbiamo condotto nella primavera 2019, aveva ingerito fibre tessili e microplastiche (ovvero frammenti di dimensioni inferiori ai 5 millimetri). Le frequenze maggiori di ingestione sono state trovate proprio nei pesci provenienti dalle isole dell’Arcipelago Toscano, nell’area del Santuario dei Cetacei.

I dati mostrano inoltre un lieve peggioramento delle frequenze di ingestione di microplastiche (35%) rispetto a quelle osservate durante la precedente campagna effettuata nel 2017 (30%) e a quella riferita agli organismi del Mar Adriatico (27%). La ricerca ha evidenziato le frequenze di ingestione di microplastiche più elevate (fino al 75% degli organismi) nei campioni provenienti dalle isole dell’Arcipelago toscano, nell’ordine Giglio, Elba e Capraia, mentre le frequenze più basse sono state riscontrate nei campioni raccolti in Sardegna e limitrofe al porto di Olbia.

L’analisi di pesci rappresentativi di diversi habitat, inoltre, ha permesso di evidenziare che le specie demersali (ad esempio gallinella, scorfano, pagello fragolino, razza), che hanno una stretta relazione con l’ambiente di fondo dove si alimentano, presentano le frequenze di ingestione di microplastiche maggiori (75-100%) rispetto alle specie pelagiche, in quasi tutti i siti indagati.

I risultati dello studio mettono in evidenza la rilevanza del fenomeno di contaminazione da microplastiche nelle nostre acque marine. Il Santuario dei Cetacei è interessato da questa minaccia, in misura anche maggiore di altre aree campionate: d’altronde, a distanza di cinque anni, su questi fondali si trovano ancora decine di tonnellate di rifiuti in plastica che rischiano di deteriorarsi e trasformarsi in microplastiche, aggravando la contaminazione.

Proprio in queste settimane, insieme ai ricercatori dell’Università Politecnica delle Marche e del CNR-IAS di Genova, siamo tornati nelle acque dell’Arcipelago Toscano con la spedizione “Difendiamo il mare” a bordo della barca a vela Bamboo della Fondazione Exodus, per eseguire nuove indagini approfondite sulla presenza di microplastiche e fibre in campioni di acqua e specie marine che vivono a contatto con i fondali di questo Arcipelago.

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