Cleared rainforest land for a mine outside of Munguba, along the Rio Jari, approximately 50 miles north of Porto de Moz, Brazil.

Tutelare la diversità biologica del Pianeta. Questo l’obiettivo della Giornata mondiale della Biodiversità che ricorre oggi, proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica, firmata a Nairobi nel 1992.  

La pandemia da Covid19, ci ha ricordato l’importanza della tutela della biodiversità: il 31% delle epidemie di malattie emergenti – come Ebola e Zika – sono legate proprio ai cambiamenti di uso del suolo causati dall’invasione umana delle foreste pluviali tropicali.

La foresta amazzonica è la più grande foresta pluviale del Pianeta ed è famosa per la sua biodiversità. E infatti la casa di almeno 30 mila specie di piante, di 30 milioni di specie animali e di tantissime specie ancora da scoprire. Sfortunatamente, molte di queste nuove specie vengono identificate solo quando il loro habitat e la loro esistenza sono già in pericolo a causa della deforestazione. Altre attività che mettono in grave pericolo la foresta sono l’estrazione di legname, idrocarburi, metalli e minerali, così come la creazione di grandi infrastrutture.

Incendi, mega-dighe e attività agricole stanno distruggendo la foresta amazzonica. L’avanzata della deforestazione provoca danni irreversibili alla biodiversità e all’equilibrio climatico del Pianeta.

Deforestazione

L’Amazzonia è la più grande foresta tropicale del mondo e ospita un’immensa biodiversità, incluse molte specie a noi ancora poco note o addirittura sconosciute. Ma continua ad essere distrutta, spesso facendo ricorso agli incendi, per far posto a monocolture per la mangimistica e pascoli per il bestiame destinato alla produzione di carne e latticini.  

Strade

In Amazzonia – e spesso anche nelle altre foreste del Pianeta – le aree maggiormente deforestate sono quelle dove si trovano più strade. In molti casi questo equivale a spianare il cammino per la deforestazione illegale e l’accaparramento di terre (land grabbing). Implica inoltre degrado forestale e rappresenta un gravissimo pericolo per la biodiversità, in particolare per gli animali il cui habitat viene frammentato. Le strade che penetrano nella foresta rischiano anche di rendere accessibili zone della regione dove vivono popolazioni indigene in isolamento.
Tra le aree più deforestate ci sono quelle attraversate dall’autostrada BR 163, che collega Cuiabá (Mato Grosso) a Santarém (Parà) e la BR 319 che collega Manaus (Amazonas) a Porto-Velho (Rondônia).

Incendi

Gli incendi provocano numerosi effetti negativi. Molte piante e animali muoiono per l’azione diretta del fuoco, che causa anche un drastico cambiamento degli ecosistemi e la perdita di habitat. Inoltre, molte persone che vivono nelle aree colpite dagli incendi accusano problemi respiratori. Con l’aumentare degli incendi aumentano anche le emissioni di gas serra, che favoriscono ulteriormente l’innalzamento della temperatura globale e, di conseguenza, il verificarsi di eventi meteorologici estremi.
Secondo l’Istituto brasiliano di ricerche spaziali, nel 2019 il numero di incendi in Amazzonia è aumentato di circa il 30% rispetto all’anno precedente. Il 19 agosto 2019 la coltre di nubi causata dagli incendi in Amazzonia ha oscurato il sole su San Paolo, oscurando la città per un’ora.

Attività agricole

È prassi comune che un’area di foresta venga prima spogliata delle specie arboree di maggior pregio, poi data alle fiamme e successivamente occupata da mandrie di bestiame. Spesso, la proprietà delle aree di foresta occupate illegalmente viene regolarizzata tramite un’auto-dichiarazione nel Registro Ambientale Rurale.
Anche le piantagioni – e i prodotti fitosanitari utilizzati per assicurarne la produzione – minacciano la foresta e chi la abita. Nella maggior parte dei casi si tratta di monocolture di soia destinata alla mangimistica. Sebbene la moratoria sulla soia siglata per l’Amazzonia abbia portato a risultati positivi, l’espansione delle piantagioni non si è fermata e l’industria della soia ha continuato ad espandersi, spostando la pressione anche su altre culle di biodiversità, come il Cerrado.
Il Brasile è il tra i principali esportatori mondiali di carne bovina e di soia e derivati.

Anche la costruzione di strade, lo sfruttamento minerario e l’estrazione di idrocarburi “mangiano” la foresta, rendendo vulnerabili gli ecosistemi.

Estrazione mineraria

Oro, argento, ferro e rame sono solo alcuni dei metalli e minerali che si trovano nella foresta amazzonica e che spesso sono destinati ad arrivare nelle nostre case, come parte di componenti elettronici di oggetti di uso quotidiano, come cellulari, computer o navigatori.
Per l’estrazione di metalli dal sottosuolo vengono usate sostanze altamente inquinanti (come cianuro e mercurio), mentre nelle miniere a cielo aperto si utilizzano esplosivi per sbriciolare le rocce. Le zone circostanti alle miniere divengono aride e le falde acquifere vengono inquinate, mettendo in pericolo la biodiversità e la salute di chi vive nell’area. Alla luce dell’aumento del prezzo dell’oro causato dall’impatto della pandemia di COVID19 sul mercato globale, in alcuni aree dell’Amazzonia si sta assistendo ad una nuova corsa all’oro, una minaccia anche per i Popoli Indigeni, le cui terre vengono così invase.

Estrazione di petrolio e gas

Secondo quanto riferisce l’Agenzia brasiliana del Petrolio, Gas Naturale e Biocombustibile, nel 2019 in Brasile la produzione di gas naturale è aumentata e quella di petrolio greggio ha superato il miliardo di barili all’anno. Nel mese di gennaio 2020, per la prima volta, la produzione di petrolio e gas naturale ha superato la soglia dei 4 milioni di barili al giorno.
Gli sversamenti di petrolio possono avere conseguenze enormi: nell’agosto del 2019, una enorme chiazza di petrolio ha contaminato oltre 2.250 chilometri di litorale del nord-est del Brasile, con gravi conseguenze non solo per l’ambiente, ma anche per le comunità di pescatori che temono per la loro salute e hanno perso la loro fonte di reddito e di cibo.
In Amazzonia, l’esempio più evidente dei danni catastrofici causati dall’estrazione, combustione e dagli sversamenti di petrolio è visibile in Ecuador, nelle aree interessate dall’esplorazione petrolifera del colosso ChevronTexaco.

Mega-dighe

Nel bacino del Rio delle Amazzoni ci sono più di 400 dighe per l’alimentazione di centrali idroelettriche, oltre a centinaia di progetti in cantiere. L’energia idroelettrica è considerata una valida alternativa alle fonti fossili. Eppure, la costruzione di infrastrutture e bacini artificiali di acqua implica la deforestazione e l’allagamento di materia organica, attività che comportano una grande quantità di emissioni di carbonio e metano -spesso non conteggiate nelle analisi di impatto ambientale. Inoltre, lo sbarramento dei fiumi isola le specie interrompendo il flusso genico e provocandone in alcuni casi l’estinzione. Come se non bastasse, il massiccio flusso di lavoratori comporta un incremento della prostituzione, dello spaccio di droghe, del consumo alcol e di violenza.
Ormai numerosi studi dimostrano che i mega sbarramenti sono troppo costosi e ben poco sostenibili dal punto di vista ambientale.

I numeri dell’Amazzonia

Fra il 2015 e il 2019, nella sola Amazzonia brasiliana sono state scoperte 600 nuove specie di piante e animali. Ma la deforestazione rischia di non dare nemmeno il tempo agli scienziati per raccogliere informazioni sufficienti e farcele conoscere: nei primi quattro mesi del 2020, la deforestazione in Amazzonia è aumentata del 61% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

L‘Amazzonia si è già ridotta del 15% rispetto alla sua estensione degli anni Settanta, quando copriva oltre 6 milioni di chilometri quadrati. In Brasile, il Paese che ospita più della metà della foresta amazzonica, oltre il 19% è scomparso. Di questo passo si rischia di arrivare al punto di non ritorno climatico che potrebbe trasformare grandi regioni di questa foresta in un ecosistema più simile a quello di una savana, sebbene con molta meno biodiversità.

L’Amazzonia è anche la casa di numerosi Popoli Indigeni, che hanno dimostrato di essere i veri guardiani di questa foresta. Proteggerla è però vitale per tutti gli esseri umani: immagazzinando tra gli 80 e i 120 miliardi di tonnellate di carbonio, gioca un ruolo fondamentale nella lotta contro i cambiamenti climatici.

Non mangiarti le foreste!

L’80% della deforestazione del mondo è causata dalla produzione intensiva di materie prime, soprattutto agricole: praticamente, cibo che divora le foreste. Soia, olio di palma, cacao, carne, avocado, sono i responsabili di una distruzione senza precedenti. Stiamo decimando le foreste per far posto all’agricoltura massiva e industriale. Un milione di specie è a rischio di estinzione. Se vogliamo salvare il clima e la biodiversità, dobbiamo salvare le foreste.

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