In Italia, la natura rappresenta uno scenario di eccezionale bellezza che racchiude in sé un’enorme complessità di flora e fauna. Tanto da essere uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità, sia vegetale che animale. L’Italia ospita infatti il più alto numero di specie: circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo delle specie animali attualmente presenti in Europa. D’altronde, il Mar Mediterraneo lambisce le coste di quindici delle venti regioni italiane, mentre i boschi coprono circa un terzo del territorio nazionale.
Il declino della biodiversità in Italia
Eppure il declino della biodiversità, uno dei maggiori problemi ambientali che l’umanità si trova ad affrontare, viste anche le gravi conseguenze sulla salute umana, è una triste realtà anche per il nostro Paese. In Italia gli studi effettuati nell’ambito delle Liste Rosse dell’ International Union for Conservation of Nature (IUCN) evidenziano una perdita annuale di specie pari allo 0,5% del totale, come conseguenza diretta o indiretta delle attività umane. Un declino che non solo rischia di impoverire i nostri territori e mari con gravi conseguenze sugli equilibri degli ecosistemi e sulle economie che da essi dipendono, ma anche di aggravare la crisi climatica in corso. Il degrado di ecosistemi forestali e marini di importanza cruciale a causa di specifiche attività umane (come l’utilizzo di biomasse di origine forestale per la produzione di energia su larga scala o la distruzione imposta dalla pesca industriale) minaccia i due alleati “naturali” più preziosi nel sequestro delle emissioni e nella regolazione del clima del Pianeta.
Le foreste proteggono il clima e noi le distruggiamo
In Italia, le foreste racchiudono 2.239 milioni di tonnellate di CO2 e la quantità di carbonio che rimuovono ogni anni dall’ atmosfera varia tra 19 e 33 milioni Mt di CO2. Gli anni in cui le foreste svolgono ai minimi livelli questa funzione di “carbon sink” sono quelli in cui si sono verificati molti incendi, nella cui prevenzione dovrebbero essere investite specifiche risorse. Altro elemento che incide sulla capacità di sink delle foreste è rappresentato dai tagli forestali: con l’abbattimento degli alberi si riduce temporaneamente la capacità degli ecosistemi forestali di assorbire carbonio. Per questo sono necessarie misure volte a favorire una selvicoltura a basso impatto ambientale, che imiti i processi naturali. Inoltre, nelle foreste in rinaturalizzazione (rewilding) all’interno delle aree protette l’accumulo annuo di CO2 raggiunge i massimi livelli per unità di superficie: questi spazi naturali protetti hanno un ruolo chiave per vincere le sfide della sostenibilità e vanno pertanto ampliati e rafforzati.
Il mare è un habitat fondamentale nella lotta al cambiamento climatico
Anche il mare svolge un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico: si stima che tra il 20 e il 30% delle emissioni totali di CO2 generate dalle attività umane dal 1980 siano state catturate dagli oceani, e che gli oceani abbiano assorbito circa il 93% del calore dovuto all’aumento di gas serra in atmosfera. Fondamentali per svolgere questo servizio ecosistemico habitat come le praterie di posidonia e altre piante sommerse, di cui il nostro paese è ricco, ma anche i fondali in acque profonde: i sedimenti marini sono infatti tra i più grandi serbatoi al mondo di stoccaggio del carbonio. Intervenire quindi con azioni mirate per ridurre gli impatti sulle praterie di posidonia che circondano le nostre coste, o limitare attività di pesca, come lo strascico che recenti studi dimostrano essere responsabile del rilascio di enormi quantità di CO2 dai fondali marini, è fondamentale non solo per tutelare la biodiversità dei nostri mari ma come strategia integrata chiave nella lotta al cambiamento climatico.
La tutela della biodiversità nel Next Generation EU e nel PNRR
Questo legame tra tutela della biodiversità e tutela del clima sembra piuttosto chiaro alla Commissione europea, che nell’ambito del Next Generation EU (lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19), prevede che ben il 37% dei fondi dei Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza vadano ad azioni per il clima e la biodiversità, a cui gli Stati membri possono aggiungere un ulteriore 3% di risorse per progetti specifici destinati a contrastare i cambiamenti climatici. Ecco perché nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che l’Italia dovrà consegnare entro la fine del mese di Aprile all’Ue, è fondamentale che la tutela della biodiversità sia trasversale a tutte le missioni proposte e che venga considerata in ogni proposta progettuale.
Ci preoccupa allora che nelle bozze fino ad oggi circolate manchino progetti con obiettivi concreti e misurabili con gli investimenti necessari a garantire la tutela della biodiversità marina e terrestre e il ripristino degli ecosistemi degradati, così da migliorare la capacità di assorbimento della CO2 delle superfici e dei suoli forestali, nonché degli ecosistemi marini del nostro Paese. Abbiamo trovato riferimenti, importanti, alla selvicoltura urbana cui l’attuale bozza del PNRR dedica ampio spazio, ma è fondamentale sottolineare che i finanziamenti per forestazione e rimboschimento non devono riguardare esclusivamente le città metropolitane, ma interessare anche il resto del territorio nazionale. Inoltre, per essere davvero efficienti, i piani di rimboschimento delle città dovrebbero essere basati su un piano nazionale di forestazione urbana e seguire strategie più ampie di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici.
Misure concrete per preservare i nostri boschi e il mare
Speriamo quindi in un vero e proprio cambio di marcia nel piano “profondamente rivisto” che il governo dovrebbe presentare a fine mese. La tutela del nostro patrimonio boschivo e marino non può essere messa in secondo piano: le pochissime proposte ad oggi viste (dalle vaghe menzioni alla gestione forestale sostenibile agli investimenti per raccogliere i rifiuti nei porti) sono assolutamente inadeguate e prive dell’ambizione necessaria a creare una vera transizione ecologica. Quel che ci serve sono interventi strutturali per la tutela della biodiversità sia intervenendo sui principali driver che ne stanno accelerando la perdita (come l’inquinamento o la perdita e la frammentazione degli habitat) che proteggendo le aree più sensibili. Per farlo servono investimenti per rafforzare e ampliare l’attuale rete di Parchi Nazionali e Regionali e delle Aree Marine Protette, creando anche nuove aree rifugio per la fauna selvatica a rischio, in linea con la Strategia europea per la Biodiversità 2030.
Per sviluppare le conoscenze necessarie a fronteggiare le sfide ambientali che ci troviamo ad affrontare e sviluppare misure di prevenzione e mitigazione, occorrono investimenti per monitorare e studiare gli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri mari e sui nostri boschi, correlandoli con gli impatti delle altre attività umane.
La tutela del nostro patrimonio boschivo e marino non è un lusso, ma una necessità, necessaria nell’ambito di una strategia integrata di azione contro i cambiamenti climatici.
Per l’Italia è il momento di passare dalle parole ai fatti. Il nostro Paese si è infatti ripetutamente impegnato, a livello internazionale, a tutelare la propria biodiversità marina e terrestre. Solo un anno fa in occasione del vertice Italia-Francia, l’Italia annunciava di voler tutelare un 30% della superficie dei propri mari e dei propri territori entro il 2030, mentre a giugno si univa all’iniziativa lanciata dal Regno Unito a livello internazionale per arrivare a proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani in tutto il mondo. È infine del settembre 2020 l’entrata dell’Italia nel Leaders’ Pledge for Nature con l’impegno ad azioni urgenti entro il 2030 per contrastare la perdita di biodiversità. Chiediamo quindi al governo che il PNRR sia in linea con gli impegni presi e che riconosca con concreti piani di intervento il ruolo centrale della tutela della biodiversità.