Il carbone è la fonte fossile più inquinante e col maggiore impatto sui cambiamenti climatici. La campagna contro il rilancio del carbone in Italia – parte di una campagna internazionale di Greenpeace “Quit Coal” – inizia nel dicembre 2006 con una protesta di tre giorni alla centrale di Porto Tolle, nel delta del Po, dove l’Enel, l’azienda elettrica più grande in Italia, progetta di trasformare a carbone una centrale ad olio combustibile ormai a fine vita. Non esiste al mondo un altro caso di una megacentrale nel delta di un fiume, sito UNESCO con centinaia di specie di uccelli e un habitat acquatico unico in Italia.
La campagna Quit Coal in Italia è solo all’inizio. Da quella prima azione a Porto Tolle ne seguiranno altre negli anni seguenti con diverse proteste alle centrali di Brindisi Sud, Civitavecchia, Vado Ligure, Genova, Fusina/Marghera, Porto Torres, Saline Joniche. Azioni di protesta con decine e decine di attivisti poi denunciati con diversi casi legali da affrontare. Il picco delle proteste agli impianti a carbone si ha durante il G8 de l’Aquila, quando ben 5 impianti a carbone vengono occupati contemporaneamente.
La campagna contro il carbone segna un punto di svolta quando, nel 2012, ci si concentra sui danni alla salute e viene commissionato a un istituto indipendente l’analisi dell’impatto in termini di mortalità in eccesso dovuta all’inquinamento dalle centrali a carbone, con particolare riferimento agli impianti dell’Enel che è il principale produttore di elettricità da carbone in Italia. Il risultato è sconcertante: oltre 500 i morti all’anno a causa dell’inquinamento da carbone, due terzi dei quali dovuti a impianti Enel.
Le azioni di protesta ora collegano la campagna contro i cambiamenti climatici agli aspetti sanitari dell’inquinamento e chiamano per nome il principale produttore di energia elettrica da carbone.
Sulla base dei risultati di quel rapporto viene prodotto un cortometraggio (diretto da Mimmo Calopresti) che oltre a essere un importante elemento di comunicazione, si traduce nell’ennesimo caso legale di scontro con l’azienda elettrica che cercherà, invano, di censurarlo.
Queste allarmanti valutazioni sanitarie verranno confermate con uno studio internazionale di Greenpeace, basato su un modello diverso, e pubblicato nel 2013.
All’apice della campagna contro il carbone e di attacco a Enel, il quadro inizia a mutare già nel 2013 – anno nel quale si inizia a discutere un cambio negli investimenti dell’azienda – ma la grande svolta avviene con la nomina nel 2014 di un nuovo management che deciderà di cambiare profondamente le strategie industriali della principale azienda elettrica italiana e una delle più grandi globalmente. Il progetto di Porto Tolle viene definitivamente archiviato dopo otto anni dalla prima azione di protesta.
Si infittisce con l’azienda un dialogo che porterà a un cambio nei rapporti e all’incontro nel 2015 tra il Direttore di Greenpeace International e l’Amministratore delegato di Enel: la svolta verso le rinnovabili e l’efficienza e il progressivo abbandono delle fossili e del carbone sono una notizia rilevante a livello globale, essendo Enel la seconda azienda elettrica al mondo per potenza installata. La decisione di non fare più nuovi investimenti nel nucleare completa il quadro delle politiche industriali di Enel. Non mancano aspetti critici – come le politiche della controllata Endesa in Spagna e la questione della centrale nucleare di Mochovce in Slovacchia – ma la svolta è netta e importante.
Nel corso dell’elaborazione della nuova Strategia Energetica Nazionale – e anche su pressione delle associazioni ambientaliste – nel 2017 si fissa la chiusura di tutte le centrali a carbone in Italia entro il 2025. Mancano ancora azioni concrete, ma per la prima volta in un documento ufficiale si parla di “phase-out” del carbone.
Un nuovo capitolo della campagna contro il carbone inizia nel 2018 nell’ambito della campagna internazionale Unfriend Coal, diretta al settore assicurativo, cui partecipa anche Greenpeace. L’obiettivo in Italia è Assicurazioni Generali, le cui attività coprono impianti e miniere di carbone in Polonia e altri Paesi.
Nel novembre 2018 ce l’abbiamo fatta, insieme: il Gruppo Generali ha deciso di aggiornare la propria “strategia sui cambiamenti climatici” con un piano operativo che punta a ridurre con coraggio l’esposizione del Leone di Trieste verso il carbone, il più inquinante dei combustibili fossili.
Una decisione che arriva dopo un anno di intensa campagna supportata da decine di migliaia di persone che hanno aderito all’appello lanciato in Italia insieme all’associazione re:Common.